Giulio De Angelis. “Frate in scorcio di casale”
Geniale figura di architetto, Giulio De Angelis (Roma 1845 – Anzio 1906) è celebre soprattutto per alcuni importanti edifici portati a termine nella Capitale. Meno nota ed esigua la sua attività pittorica che reca in sé la medesima sensibilità artistica, espressione del suo marchio distintivo
Bellissimi palazzi ancora da ammirare
L’impronta altamente decorativa presente negli edifici di Giulio De Angelis, mostra il desiderio di conciliare arte e industria, tema da lui praticato e sottolineato anche attraverso scritti teorici che auspicano il sodalizio fra architettura e arti applicate.
La prestigiosa carriera in qualità di tecnico operante nei decenni post-unitari è comprovata dalla realizzazione di molti caseggiati a cominciare da quelli posti in zona Macao, una delle aree più eleganti della nuova Roma a metà degli anni ’70 dell’Ottocento. Tra essi ricordiamo il villino commissionato dallo storico e uomo politico napoletano Ruggiero Bonghi, ancora visibile al n. 5 di via Vicenza, oggi Hotel Villa delle Rose, per il quale De Angelis scelse uno stile di ispirazione quattrocentesca avvalendosi, per i decori interni, di modellatori e scultori umbri quali Raffaele Angeletti e Francesco Biscarini.
A partire dal 1882 l’architetto fu a servizio del principe Maffeo Barberini Colonna di Sciarra, lavorando a varie riprese nell’omonima “isola” con affaccio sulla via del Corso. Dei diversi interventi operati, la piccola e preziosa Galleria Sciarra (1885-88) rimane il più rappresentativo, quello in cui De Angelis dà prova di grandissima raffinatezza e di massima adesione ai suoi principi teorici, tanto da potersi definire il manifesto del suo stile e delle sue idee.
Sempre agli anni ’80 risalgono altri due stabili che diedero lustro all’architetto riconoscendone padronanza nelle tecniche costruttive avanzate collegate alla produzione industriale dell’epoca: lo stabilimento Bocconi su via del Corso (1886-87) – Magazzini “Alle città d’Italia” poi ridenominati “La Rinascente” – e la sede del quotidiano Il Popolo romano (1889) in via Due Macelli, edificio meglio noto come Palazzo Chauvet, dal nome del suo direttore e committente.
Protagonista del rinnovamento urbanistico di Roma, nel corso della sua carriera Giulio De Angelis ottenne anche riconoscimenti pubblici di rilevo. Fu membro del Consiglio comunale di Roma come assessore (1889-1895) e dal 27 gennaio 1897 entrò a far parte del Consiglio direttivo del Museo d’arte applicata all’industria, assieme a E. Ferrari, L. Bazzani, F. Jacovacci e C. Aureli; subito dopo diventò direttore dell’Ufficio tecnico per la conservazione dei monumenti di Roma e provincia e delle province di Aquila e Chieti. Nel quadriennio 1899-1902 curò il restauro di numerosi e celebri monumenti a Roma, nel Lazio e in Abruzzo.
Gli esordi come pittore
Giulio De Angelis visse a Perugia fin dalla prima giovinezza. Già ad otto anni risulta infatti iscritto ai corsi dell’Accademia di Belle Arti del capoluogo umbro che frequentò dal 1858 al 1866, e dove risulta iscritto ai corsi di pittura, architettura, prospettiva e ornato.
La sua formazione avvenne con i maestri Giovanni Santini e Vincenzo Baldini per quanto riguarda gli insegnamenti di architettura, prospettiva, ornato, e Silvestro Valeri per la scuola di pittura.
L’Accademia conserva ancora oggi all’interno del proprio Fondo Didattico alcuni dei lavori eseguiti dall’artista durante la sua frequentazione dei corsi, tra cui il dipinto a olio Malatesta Baglioni sulle mura di Firenze con il quale partecipò al concorso di pittura del 1865.
Il dipinto, restaurato recentemente, è stato esposto nella mostra Machiavelli e il mestiere delle armi svoltasi a Perugia tra il 2014 e il 2015.
Sulla tela De Angelis rievoca la vicenda storica che vide come protagonista nel 1529 il condottiero Malatesta IV Baglioni, capitano delle milizie della Repubblica fiorentina e difensore della città dall’assedio delle truppe imperiali e papali.
Il soggetto ritratto rientra tra le tematiche del romanticismo storico con il quale Valeri fa misurare i suoi allievi, assegnando loro la rappresentazione di episodi storici o la celebrazione delle glorie rinascimentali locali.
In un contesto di sostanziale eclettismo stilistico e formale, Valeri favorì un graduale compromesso tra la tradizione e l’apertura in senso naturalista. Con lui si formeranno tra i maggiori pittori della seconda metà dell’Ottocento umbro, tra cui Domenico Bruschi e Annibale Brugnoli, compagni e amici di Giulio De Angelis.
L’artista, terminato il ciclo di studi, continuò a collaborare con l’istituzione perugina che gli assegnò diversi incarichi e lo omaggiò del titolo onorifico di Accademico di Merito nel 1876, dimostrando per questa Accademia profondo affetto e stima.
(Contributo redatto a cura dell’Accademia di Belle Arti P. Vannucci, Perugia)
L’opera ritrovata. Frate in scorcio di casale
La bellezza dell’opera rinvenuta e l’iscrizione riportata sul retro sono state forti motivazioni per iniziare l’intervento di restauro e le ricerche storiche iniziate a luglio del 2017.
Sebbene altamente offuscato da una mancata conservazione, sin da subito il dipinto si è evidenziato come esecuzione di mano privilegiata ma, nonostante riportasse sul retro la firma “De Angelis G. Fece”, solo dopo il restauro e l’analisi storica del periodo è stato possibile attribuirlo al noto architetto romano Giulio De Angelis. Una novità rilevante in quanto inedita.
L’opera, proveniente da una collezione privata, era stata venduta all’asta ad un privato e non è stato possibile ricostruirne la vicenda risalendo alle precedenti proprietà.
Cenni storici e descrizione iconografica
Il dipinto è riferibile all’autunno del 1888, quando l’architetto De Angelis si trovava a Viterbo a lavorare come capo restauratore del Palazzo Papale, Palazzo Vitelleschi a Corneto, oggi Tarquinia. Esso presenta una composizione narrativa e allo stesso tempo simbolica, che può essere letta come “Il monaco pensieroso” afflitto per la vendita all’asta del Monastero di San Agostino a Viterbo, così come dei terreni della Chiesa Parrocchiale di Santo Stefano e altri appezzamenti delle Monache di Santa Maddalena in zona.
Frate in scorcio di casale si riferisce, dunque, a una contingenza sociale. Molto probabilmente fu realizzato da Giulio De Angelis in un momento di svago dal suo incarico in qualità di architetto ed esprime il sentimento in lui suscitato dall’evento stesso.
L’artista trasferisce sulla tela la bellezza del paesaggio insieme a un tratto malinconico del frate, a riprova della sua profonda sensibilità d’artista. In primo piano troviamo l’uomo ritratto mentre sale sulla scala di un casale; la figura tiene una singolare postura, come astratta dalla realtà circostante. Attorno al caseggiato vegetazione e alberi d’autunno. Il luogo descritto è stato individuato come le Grotte di S. Stefano – Viterbo.
L’immagine è intensa, malinconica, ma allo stesso tempo inondata di luce. Un cielo con piccole nuvole sparse illumina e rende alla scena giochi di luce e ombra. La composizione spaziale è semplice, ma si osserva una particolare capacità di gestione geometrica nella proporzione dell’architettura, nel chiaroscuro e nel contrasto luce-ombra per creare un particolare stato d’animo. Le tinte usate sono un’alternanza fra colori freddi e caldi con sfumature intermedie. La cromia della tavolozza è sobria ma sapiente e capace di proporre la giusta atmosfera, così come espressa anni prima dall’artista nel dipinto Malatesta IV Baglioni sulle mura di Firenze.
Giulio de Angelis, architetto straordinario, anche in pittura riesce ad esprimersi in uno stile riconoscibile, trasmesso con occhio d’artista in maniera impeccabile.
Si ringraziano:
Accademia di Belle Arti “P. Vannucci” di Perugia per il contributo scritto e l’immagine del dipinto Malatesta Baglioni sulle mura di Firenze.
Elisabetta Sonnino, Laura Basile, Gabriella Gaggi per la consulenza agli interventi di restauro. Claude Frank per aver concesso le immagini del Villino Bonghi – Hotel Villa delle Rose