Il rientro di Anselmo Bucci tra i grandi nomi del Novecento
Pittore, incisore, scrittore, dopo gli anni ’60 Anselmo Bucci non compare spesso tra i nomi importanti delle avanguardie del secolo scorso, se non in occasione di pubblicazioni ed eventi relativi ad altri artisti suoi contemporanei e amici, più di lui promossi in ambito espositivo.
Per circa un trentennio nessuna mostra importante, probabilmente perché i suoi lavori, considerati celebrativi e antitetici alle avanguardie, mal si prestavano al nuovo corso della critica d’arte e del mercato.
Negli ultimi due decenni però – complice anche la ricorrenza del Centenario della Grande Guerra – alcune significative monografiche hanno reso omaggio al Maestro di Fossombrone portando all’attenzione dei più la storia di un “creativo” a tutto tondo, capace di spaziare dalle arti decorative al design, dalla cronaca di trincea alla critica d’arte, fino ad arrivare alla produzione di vere e proprie opere letterarie.
Alcune tappe fondamentali del percorso di vita fanno emergere la valenza del poliedrico artista
Gli anni della formazione. Nato a Fossombrone (PU) nel maggio del 1887, Anselmo Bucci si trasfersce con i genitori a Cittadella (PD) negli anni ’90, e frequenta gli studi classici a Venezia.
Il talento artistico evidente – sostenuto da una famiglia che ne appoggia pienamente il percorso formativo – motiva le frequentazioni del giovane, tanto che già nel 1904 lo troviamo a Monza, animatore del gruppo artistico letterario Coenobium, cenacolo culturale della cittadina nella quale risiede fino al 1906.
A Milano, dove Bucci frequenta l’Accademia di Brera, nel 1905 conosce Umberto Boccioni, studia con Bignami, Mentessi, Tallone, e frequenta giovani artisti futuri nomi di spicco tra i quali Carlo Carrà (1881-1966) e Leonardo Dudreville (1885-1976). Proprio insieme a quest’ultimo e al neo scrittore e filosofo Mario Buggelli, Bucci – insofferente verso i temi accademici italiani ed ispirato dalle novità internazionali riportate nella rivista Emporium – nel 1906 decide di partire per Parigi, capitale indiscussa dell’avanguardia artistica europea. “Avevamo, in tre, cinquant’otto anni, tre valigie, un indirizzo e dodici franchi”, racconterà nell’opera autobiografica Pane e luna, uscita postuma nel 1977.
In Francia, negli anni della Belle Époque. A Parigi, dove rimane fino al 1914, Bucci, come molti altri giovani artisti provenienti da ogni dove, conduce sostanzialmente una vita da bohémien, dapprima non priva di stenti: “Sono arrivato a Parigi nel 1906. Ho fatto il primo pasto completo nel 1910, la vita si nutre più di incontri che di cibo”, scriverà. Ma resiste: la Ville Lumière lo seduce con le sue strade affollate, gli spettacoli nei locali, gli incontri coi colleghi stranieri Picasso, Dufy, Utrillo…, fonte di ispirazione, e quelli con gli italiani che condividono con lui l’avventura artistica: Severini, Modigliani, Viani…
Cominciano a arrivare apprezzamenti per i suoi dipinti presenti alle mostre cittadine: nel 1907 al Salon des Arts Décoratifs, nel 1909 al Salon d’Automne, nel 1911 e nel 1913 al Salon des Indépendants, grazie ad una visone post-impressionista originale che assorbe stimoli anche da altri contesti artistici. Appartiene a questi anni il dipinto Autunno apprezzato e ben recensito dal poeta e critico d’arte Guillaume Apollinaire.
Oltre alla pittura, gli anni parigini vedono la sperimentazione di una nuova strada: l’incisione. Nel 1909 l’artista realizza la serie Paris qui bouge, stampata dall’importante editore Devambez, una raccolta di vedute della città dall’alto in cui, così come nei dipinti, Bucci esprime quello che definisce “il vibrismo”, ossia la carica vitale trasmessa dal caotico movimento cittadino.
L’orientamento simbolista-naturalistico comincia mostrarsi intorno al 1910. Con base a Parigi, ma in giro per l’Europa, negli anni ’12-’13 torna anche in Italia e si spinge fino in Algeria.
Volontario in guerra coi futuristi. Allo scoppio della Grande Guerra il ventisettenne Bucci, spinto dall’amor patrio, si arruola nel Battaglione lombardo Volontari Ciclisti e Automobilisti; suoi compagni al fronte: Filippo Tommaso Marinetti, Achille Funi, Antonio Sant’Elia, Umberto Boccioni, Ugo Piatti, Carlo Erba, Luigi Russolo, Mario Sironi, tutti aderenti o comunque simpatizzanti del movimento futurista.
Durante il breve periodo vissuto in trincea col Battaglione lombardo, Bucci si scopre ‘pittore di guerra’. Sono del 1915 le cinquanta puntesecche dei quattro album di Croquis du Front italien pubblicati poi a Parigi da D’Alignan nel 1917, tutti riferibili a quella esperienza. Numerosissimi altri insiemi di schizzi, disegni, dipinti inviati dal fronte faranno di lui uno dei più prolifici pittori della Grande Guerra. Ricordiamo tra le migliori opere Funerale dell’eroe del 1917 e Temporale del 1918.
L’esperienza di Novecento. Subito dopo la guerra, mentre le sue opere cominciano a farsi conoscere in Europa, Bucci partecipa a molte rassegne artistiche italiane e francesi proponendo la sua nuova visione classica mentre fa spola tra Parigi e Milano dove si avvicina alla cerchia artistica legata alla critica d’arte Margherita Sarfatti. Nel 1922 è proprio lui a dare nome al movimento creatosi intorno a lei e al gallerista Lino Pesaro: Novecento. Ne sono fondatori oltre a Buzzi: Sironi, Malerba, Funi, Oppi, Dudreville, Marussig. Aderire al programma di Novecento vuol dire tornare alla classicità rivisitata in chiave moderna sia nello stile pittorico sia nella scelta del soggetto. La figura umana torna ad essere centrale nella rappresentazione pittorica che si tiene lontana sia dagli estremismi delle avanguardie sia dalle rigidezze antimoderniste e quattrocentiste proposte da un altro movimento presente negli stessi anni in Italia: Valori Plastici.
Da subito, nonostante sia uno dei fondatori, Bucci instaura con Novecento un rapporto critico. Tanto è vero che non si presenta all’inaugurazione della prima mostra presso la galleria milanese di Lino Pesaro inaugurata nel 1923 alla presenza del Presidente del Consiglio Benito Mussolini, e poco tempo dopo già prende le distanze dal gruppo.
Un percorso artistico originale e autonomo
La continua ricerca pittorica, la curiosità innata per quanto lo circondava, incisero sul percorso poco lineare di Anselmo Bucci che sperimentò nel corso della sua carriera linguaggi differenti senza appartenere veramente a nessuno: simbolismo, post-impressionismo, novecentismo, naturalismo lirico. Fu amico dei futuristi ma non si definì mai tale; si avvicinò ai fauve ma si mantenne originale nelle scelte compositive, pronto ad aprirsi ad altre nuove esperienze che abbracciò con determinazione e abbandonò con altrettanta fermezza mostrando di essere fedele solo a se stresso. Di lui rimane celebre la frase: “Non ho mai cercato di mentire in uno stile, ma di dire la verità in lingua corrente”.
Tra le due guerre si dedicò al progetto interno dei grandi piroscafi italiani e nel ’38 agli affreschi del Palazzo di Giustizia a Milano. L’amore per la scrittura lo portò a collaborare come critico per il Corriere della Sera e l’Ambrosiano, a scrivere saggi per La fiera letteraria e per Arti plastiche, a disegnare le otto tavole a puntasecca che illustrano la prima edizione italiana del Libro della giungla di Rudyard Kipling nel 1925.
Molto altro ancora andrebbe ricordato per illustrare come merita il personaggio Bucci, per evidenziarne la poliedricità e il valore nelle diverse discipline. Ma chiudiamo questo breve excursus nominando solo l’antologia Il pittore volante, opera vincitrice del Premio Viareggio 1930, e riportando una nota quasi di costume che evidenzia la curiosità di Bucci per le cose della vita: nel 1940, con il giornalista sportivo Orio Vergani, seguì il Giro d’Italia di cui fu protagonista Fausto Coppi.
Editato il primo volume degli album di Bucci.
In occasione di una recente mostra a Barolo
“Anselmo Bucci – Maestro del Novecento tra Parigi e la Grande Guerra”, visibile fino al 16 dicembre 2018 presso l’Aula Picta a Barolo, è la più recente delle monografiche dedicate negli ultimi anni a Bucci.
Curata da Vincenzo Sanfo e Guido Cribiori, in collaborazione con la Galleria Studiolo di Milano e con Diffusione Italia International Group, l’esposizione si presenta quale ulteriore approfondimento delle capacità espressive dell’artista, ormai lanciato verso una doverosa riscoperta.
Viepiù, l’occasione è divenuta spunto per presentare il primo volume di una serie dedicata al Maestro di Fossombrone dal titolo: “Anselmo Bucci. Disegni, schizzi e appunti. Gli album personali”, una riproposizione integrale dei suoi blocchi da disegno privati, messa a punto dalla Galleria Studiolo di Milano a cura di Guido Cribiori.
Gli schizzi contenuti negli album risalgono agli anni Venti e Trenta, un periodo durante i quale Bucci viaggiò in Italia, Europa, Medio Oriente e Oriente, arrivati fino a noi in buone condizioni grazie alla cura con cui li ha conservati. Documenti artistici di alta capacità descrittiva, essi restano testimonianza visiva di parole e idee che questo nuovo progetto editoriale rende fruibili agli appassionati del Maestro.
Il primo volume da poco pubblicato riproduce fedelmente tre blocchi contenenti i disegni eseguiti tra il Natale del 1929 e il febbraio del 1930, un periodo durante il quale Bucci visse tra Parigi e Milano.
“Negli album sono presenti disegni a matita, a sanguigna e qualche guaches; interessante notare le annotazioni sui colori, presenti in alcune tavole, che sarebbero successivamente servite al pittore per tradurre gli schizzi in dipinti”, scrive Guido Cribiori nella presentazione del volume. “Le forme sono colte con una sicurezza ed una naturalezza sconcertante, i caratteri dei ritratti resi con semplicità disarmante, con pochi tratti, sicuri e decisivi; il tutto condito qua e là da frasi e perle di ‘Bucci pensiero’, sempre pungente e assolutista”.
Tra i circa 270 fogli editati, oltre agli studi di nudo annotiamo quelli in cui Bucci prende appunti per realizzare gli interni dei piroscafi California, Timavo e Duchessa d’Aosta, grandi navi destinate alle rotte per il Sud Africa, ed ancora, alcuni schizzi che presentano inquadrature del Tannhauser di Wagner e della Fanciulla del West di Puccini, in scena alla Scala di Milano.
Completano questa prima pubblicazione, un ritratto di Violinista datato 1905 e lo schizzo per l’opera Funerali di un anarchico, realizzato a Roma nel 1919.
Immagine di copertina: Anselmo Bucci, “Stella e Giannina”, gennaio 1930, sanguigna su carta, cm 27×21. Il disegno faceva originariamente parte di un album personale dell’artista. Fedelmente riprodotto è ora presente nel I Volume della collana edita da Studiolo Fine Art Milano: “Anselmo Bucci – Disegni, schizzi e appunti. Gli album personali”
“Anselmo Bucci – Maestro del Novecento tra Parigi e la Grande Guerra”
Fino al 16 dicembre 2018
Aula Picta, Piazza Fanetti, Barolo (Cuneo)
Orario: dal venerdì al lunedì 15-18