Pierre Puvis de Chavannes. Al MAN di Nuoro il pittore che affascinò Gauguin e non solo
Dopo la straordinaria esposizione dedicata al Maestro francese presso Palazzo Grassi a Venezia nel 2002, “Allori senza fronde: Pierre Puvis de Chavannes”, mostra in corso al Museo d’Arte di Nuoro, è un invito imperdibile per conoscere il mondo del pittore che ispirò Matisse, Seurat, Cezanne, Picasso, Balthus.
Affascinato dall’arte decorativa rinascimentale italiana che rimanda all’affresco e all’ideale classicista, Puvis de Chavannes (1824-1898), pur considerato il padre dei Simbolisti francesi, non è artista facilmente classificabile in un canone, ma fa scuola; fu “artista dell’artista” – come lo denomina il critico d’arte Alberto Salvadori – per quanto venne studiato e amato. Profondamente legato alla cultura dell’epoca, quasi autodidatta e partecipe alle agitazioni culturali della Ville Lumière, Puvis fu circondato da artisti ed intellettuali di grande spessore. Unico e originale nell’uso di tonalità insolite come il rosa e il blu pastello, fu creatore di personaggi liberi e indipendenti: il corpo umano così com’è, senza distinzione e appartenenza. Secondo la critica “viene evocata nella sua opera una sorta di primitivismo pastorale, aulico, primigenio, né biblico, né greco, né antico, proprio solo dell’eterno umano”, e questa sua ricerca d’eternità, lo rende un esempio, un ponte verso le sensibilità artistiche novecentesche, un “profeta della modernità”.
“Allori senza fronde: Pierre Puvis de Chavannes”, mostra curata da Alberto Salvadori e dal direttore del MAN Luigi Fassi, presenta circa 80 opere provenienti da collezioni private e pubbliche internazionali, inedite in Italia. Oltre ad alcuni dipinti ad olio si possono ammirare: acquerelli, schizzi, bozzetti preparatori di opere monumentali, piccoli capolavori che si svelano in tutta la loro bellezza, non presentati in ordine cronologico, per sottolineare che Puvis è sempre un artista a 360°.
Il percorso su due piani inizia con lo studio anatomico di un braccio (1877 circa) che rimanda al Rinascimento e si chiude con “Il riposo”, 1863 circa, realizzato a matita, carboncino e gesso su carta: uno sbuffo di piume, un piccolo gioiello che non è la fine ma un inizio. In mezzo: quasi 5 decenni di produzione artistica. Ci sono, tra l’altro, paesaggi ad olio, acquerelli “en plein air” e un bosco in stile viennese. Colpiscono, un altro elemento naturalistico: 3 sassi dipinti con i colori della terra, la testa di giovincella in carboncino e gesso su carta, il dorso di donna (1864) al quale forse si ispirò Picasso; una figura femminile vista di schiena, dall’aspetto moderno, dipinta a matita e pastello su carta (1879); il corpo nudo di una dea mitologica e lo studio di Marsiglia Porta d’Oriente (1868-1870), propedeutico ad un dipinto più grande. Infine, come non pensare ad una musica di Debussy mentre si ammira il bozzetto ad olio per “Visioni Antiche”? Quanta ricchezza in Puvis de Chavannes…
L’esposizione, organizzata in collaborazione con la Michael Werner Gallery, vede il contributo di Bertrand Puvis de Chavannes (erede del pittore e presidente del Comitato Pierre Puvis de Chavannes) e della storica dell’Arte, Louise d’Argencourt.
Il catalogo (italiano-inglese) che riporta le opere arricchite da schede esplicative, contiene l’introduzione del presidente del MAN Tonino Rocca, i testi di Bertrand Puvis de Chavannes e dell’Argencourt, lo scritto dei curatori Alberto Salvadori e Luigi Fassi. Chiude il volume la breve biografia dell’artista di cui riportiamo un sunto.
Note biografiche sull’artista
Pierre Puvis de Chavannes nacque a Lione nel 1824 in una nobile famiglia originaria della Borgogna. Sua madre morì quando era ancora piccolo, il padre morì mentre Pierre frequentava il Liceo Henri IV di Parigi per essere poi ammesso all’École Polytechnique. Abbandonati presto gli studi, si trasferì a Mâcon e compì un primo viaggio in Italia, inconcludente dal punto di vista artistico. Vi ritornò nel 1848 dopo essere entrato nello studio del pittore Henry Scheffer, traendo grande ispirazione dalle opere del Quattrocento e Cinquecento, cosa che lo spinse a esporre il suo primo lavoro “La morte di Cristo”, al Salon des Artistes Françaises.
Più volte le opere di Puvis furono rifiutate al Salon, ma nel 1861 la sua creazione “Concordia” fu acquistata dallo Stato francese per il Museo napoleonico di Amiens; ad essa fu aggiunta la tela gemella “Bellum”, donata dall’artista che, per lo stesso museo, realizzò vari pannelli decorativi, l’ultimo dei quali fu “Ludus pro Patria”, opera del 1882.
In questo lasso di tempo, Puvis realizzò monumentali opere decorative di grande impatto visivo che inserì in contesti architettonici molto diversi, tra gli altri: il Museo delle Belle Arti di Marsiglia, l’Hotel de Ville di Poitiers, la Chiesa di Santa Genoveffa a Parigi (l’attuale Panthéon), nella quale raffigurò la santa patrona della città con il volto della sua musa, la principessa rumena Maria Cantacuzène.
Negli anni ’90 Puvis divenne artista di fama, copiato e amato da tutti, in Francia e all’estero; espose dipinti da cavalletto al Salon e realizzò vasti pannelli progettati per edifici pubblici, come quelli per il Museo di Belle Arti di Lione e, soprattutto, per l’Aula Magna della Sorbona di Parigi. Già nel 1888, lo Stato francese aveva comprato il suo più famoso dipinto, “Il povero pescatore”, realizzato per la sua prima esposizione alla Galleria di Durand-Ruel. Nominato comandante della Legion d’Onore, nel 1890 creò, insieme a Ernest Meissonier e Auguste Rodin, la “Societé Nationale des Beaux-Arts”.
Negli anni successivi continuò a produrre opere monumentali, ad esempio per il Museo delle Belle Arti di Rouen e per l’Hotel de Ville di Parigi. Nel 1895 Rodin organizzò un banchetto in suo onore con tutti gli intellettuali, artisti e notabili dell’epoca. Nel 1896 furono allestiti i dipinti per la Boston Public Library, e di seguito realizzò un secondo ciclo di opere per il Panthéon. Oramai anziano e famoso, prima di morire nel 1898, l’artista sposò la sua compagna e ispiratrice per oltre 40 anni: Maria Cantacuzène, che aveva conosciuto nello studio di Théodore Chassériau.
In contemporanea al MAN
In concomitanza con “Allori senza fronde”, nelle sale anni ’20 del Museo nuorese si possono visitare “Personnages”, la prima mostra europea dell’artista franco-palestinese Maliheh Afnan, a cura di Luigi Fassi e “Il segno e l’idea”, opere dalla collezione permanente di artisti sardi del ‘900 tra cui Giuseppe Biasi, Salvatore Fancello, Giacinto Satta. L’intento, ha spiegato Emanuela Manca, coordinatrice del progetto, è quello di accompagnare i visitatori in un percorso conoscitivo che sia trait-d’union tra le diverse esperienze artistiche legate al mondo occidentale e mediterraneo, che nei secoli hanno segnato la storia dell’arte moderna e contemporanea. La Regione Sardegna, la Provincia di Nuoro e la Fondazione di Sardegna ne hanno reso possibile la realizzazione.
MAN, Museo d’Arte della Provincia di Nuoro
Via Sebastiano Satta 27, Nuoro
“Allori senza fronde: Pierre Puvis de Chavannes”
“Personnages” di Maliheh Afnan
“Il segno e l’idea” dalla collezione permanente del MAN
Fino al 9 giugno 2019
Orario: 10-19; lunedì chiuso
www.museoman.it