All’aerografo. Negli anni Trenta, un modo semplice e d’effetto per dipingere la ceramica
Viene da lontano l’idea di servirsi di un mezzo meccanico per spruzzare il colore sulle superfici. Già nell’antichità, soffiando nelle cannucce si otteneva un motivo pittorico che andava ad abbellire oggetti e pareti.
In tempi a noi più vicini, la colorazione all’aerografo trova il suo pieno sviluppo nel primo Novecento.
Nascita dell’aerografo
Il primo aerografo ideato nel 1879 da Abner Peeler, Iowa (USA), si basava su meccaniche molto diverse da quelle della maggior parte dei modelli successivi. Dopo alcuni anni di perfezionamento, infatti, già nel 1895 Olaus Wold, un dipendente di Thayer e Chandler (ditta che nel 1893 aveva presentato alla Fiera Mondiale di Chicago il primo aerografo moderno inventato da Charles Burdick) brevettava un modello semplificato che produsse dopo qualche anno fondando la Wold Airbrush Company.
Nel 1904 Jens Paasche, anche lui ex-dipendente di Thayer e Chandler, realizzava un’ulteriore versione prodotta sempre negli States.
Sarà, invece, l’originario inventore, Charles Burdick, ad esportare lo strumento a spruzzo in Inghilterra dove venne avviata la produzione del modello denominato Aerograph.
L’aerografo nell’era della riproducibilità tecnica
Ideale per spruzzare vernici di vario tipo nebulizzandole tramite aria compressa, l’aerografo consente di eseguire lavori di precisione artisticamente pregevoli. La sua tipicità consiste nel poter eseguire, grazie all’utilizzo di mascherine, un’alternanza di linee sottili, campiture uniformi di colore e toni sfumati che nel complesso donano alla forma un effetto cromatico particolarmente gradevole alla vista.
Subito apprezzato per le sue peculiarità, lo strumento a spruzzo conobbe un largo sviluppo nel corso del Novecento in differenti ambiti produttivi e artistici. La fortuna del suo successo, però, non fu dettata tanto dalla scelta estetica e stilistica individuale quanto dalla necessità dell’industria di produrre oggetti in serie che fossero al contempo accurati nel disegno e bassi nei costi.
Il comparto ceramico industriale, da sempre settore principe nelle arti applicate, seppe sfruttare con creatività le nuove opportunità decorative offerte dall’aerografo, realizzando grandi quantità di oggetti d’artigianato meccanizzato, a latere dei più particolari e rifiniti a mano, creati in piccole quantità se non addirittura in pezzi unici.
I primi esempi di aerografia su ceramica seriale si ebbero in area tedesca dove i movimenti artistici d’avanguardia stavano proponendo il superamento degli schemi decorativi liberty. Da qui la pratica si diffuse nel resto d’Europa arrivando in Italia a partire dalla metà degli anni ’20, in pieno periodo Déco. Ad avvantaggiarsene furono soprattutto le aziende produttrici di oggettistica per la casa, che trovarono nell’utilizzo dell’aerografo il mezzo migliore per risparmiare sui tempi richiesti dal dipinto a mano.
Oggetti d’arredo o terraglie per la tavola che fossero, il decoro aerografato era perfetto: colori rifiniti e brillanti, disegni accattivanti in linea con la moda del momento. Pur nella semplicità estetica, essi rispondevano in pieno alla domanda di un ceto borghese alla ricerca di cose “giuste” a fronte di una spesa contenuta.
Al M.I.C. una mostra di ceramiche aerografate
Per la prima volta, il Museo Internazionale della Ceramica di Faenza espone, nella sala denominata Project Room, 35 esemplari decorati con la tecnica dell’aerografo, donati dal collezionista e studioso Giorgio Levi.
Fin dalla sua fondazione nel 1908 il M.I.C. è cresciuto e si è arricchito anche grazie alla generosità dei collezionisti. Tra i più illustri ricordiamo il marchese Paolo Mereghi (1871-1953), uomo colto e raffinato appartenente all’aristocrazia italiana e il collezionista Gabriele Brunori (1933-1998), restauratore e mercante d’arte conosciuto nel mondo dell’antiquariato come “il medico dei cocci”.
Più di recente, sono pervenute al Museo di Faenza le porcellane antiche europee raccolte da Ugo Gobbi, e le ceramiche vietresi del cosiddetto “Periodo tedesco” – anni 20/30 del ‘900 – donate dall’antiquario Enrico Camponi.
Questa volta, a lasciare a Faenza parte della sua raccolta è Giorgio Levi, già professore ordinario di Informatica presso l’Università di Pisa, noto collezionista e studioso di ceramica italiana del Novecento.
Chi è Giorgio Levi
Triestino di nascita e pisano di adozione, Giorgio Levi è fondatore della rivista scientifica Ceramica e Arti Decorative del Novecento.
Molti, sono gli amanti del settore che hanno visitato le mostre curate dal professore e letto le sue pubblicazioni riguardanti tipologie e manifatture italiane minori, indagate e riportate all’attenzione dei più grazie a un attento studio dei pezzi ceramici ritrovati sul mercato.
Proprio all’uso dell’aerografo, Giorgio Levi ha dedicato un saggio dal titolo “Ceramiche italiane Art Déco dipinte all’aerografo” (2017) in cui evidenzia come il disegno a spruzzo riporti negli oggetti di tutti i giorni il linguaggio moderno e futurista dell’epoca, superando gli schemi decorativi storicisti ancora in voga.
Gli esemplari della collezione Levi esposti al M.I.C. provengono in gran parte da apparecchiature di servizio crate dalle principali aziende italiane che si dedicarono alla decorazione all’aerografo negli anni ’30: Galvani di Pordenone, Rometti di Umbertide, Tosin – La Freccia di Vicenza, F.A.C.I. di Civita Castellana, Sbordoni di Civita Castellana-Roma, e tre creative manifatture di Sesto fiorentino: M.I.C.A., Barraud, Messeri & C. (B.M.C.), Carraresi e Lucchesi.
In esposizione anche esemplari di Christian Carstens KG e C.A. Lehmann & Sohn, aziende tedesche tra le prime in Europa ad utilizzare l’aerografo in modo creativo e innovativo.
“Donazione Levi: in mostra alla Project Room le ceramiche decorate ad aerografo degli anni 30”
Museo Internazionale della Ceramica – Faenza, viale Beccarini 19
Fino al 3 maggio 2020
Orario: contattare il M.I.C.