Antica maiolica pugliese
Giuseppe Curci. Collezionista/custode di un grande valore culturale
di Marina Pescatori – Foto: Christian Rotola
Gli antichi manufatti realizzati nei secoli scorsi dagli artigiani dei piccoli centri ceramici pugliesi sono vanto dell’Italia intera.
Proprio da uno di essi, Laterza, in provincia di Taranto, provengono quasi tutte le maioliche che mostriamo in questo servizio, esemplari di grande rilievo storico e artistico, alcuni dei quali presenti nelle pubblicazioni di noti studiosi e oggetto di articoli nelle maggiori riviste di settore. A presentarceli è il fortunato proprietario, l’ottantenne Giuseppe Curci, noto collezionista che, in oltre sessant’anni, con tenacia e pazienza è riuscito a raccogliere più di 150 manufatti tra: albarelli, piatti da parata, alzatine…, studiandoli e divenendone esperto conoscitore. Inoltre, quale apprezzato divulgatore della materia, Curci ha ricoperto in passato l’incarico di segretario presso la sezione barese del Centro Studi per la Storia della Ceramica Meridionale, l’autorevole consesso che dal 1980 si dedica alla riscoperta e all’approfondimento dei temi legati alle produzioni più antiche del settore.
Puglia, terra di grande tradizione ceramica. Le produzioni di Laterza, Grottaglie, Martina Franca, Cutrofiano, Canosa, Lucera, sono note in tutto il mondo. Esposte nei più importanti musei di arti decorative
La passione ceramica di Giuseppe Curci nasce in famiglia, trasmessa dal nonno materno: «Ero ancora ragazzo e già mi interessavo alle tradizioni artistiche della mia regione» racconta. «I miei primi due piatti li acquistai da un trovarobe».
All’inizio degli anni Cinquanta, il desiderio di fare dell’hobby una professione porta il collezionista ad aprire un negozio di antiquariato a Bari: «È rimasto aperto per alcuni anni poi, nel ’60, assunto presso l’Ufficio Stampa e Studi della Fiera del Levante, mi sono allontanato dall’attività commerciale. Ma non dalla mia passione! tanto che nell’82 ho organizzato con successo un’importante Fiera Antiquaria».
La storia artistica locale e l’amore per la maiolica, accompagnano Curci nel corso degli anni e ancora oggi riempiono le sue giornate: «Faccio parte di associazioni culturali di settore e sono in contatto con altri appassionati condividendo idee e progetti. Svolgere un lavoro divulgativo è importante e necessario, perché in Italia sono ancora poche le realtà pubbliche che fanno ricerca e che promuovono la ceramica meridionale, a fronte, viceversa, di un certo numero di collezionisti attenti e di una richiesta del mercato abbastanza sostenuta».
In circolazione, però, non si trovano più tanti pezzi, e quelli attribuiti ai maestri noti vanno “conquistati” a suon di bigliettoni: «Sì, ma devono essere esemplari pressoché integri! in condizioni ottimali» precisa Curci, che in particolare ricerca pezzi dei secoli XVII e XVIII. «Le maioliche dell’Ottocento le trovo meno interessanti perché si tratta di lavorazioni già semi industriali» aggiunge. «Prima, cercavo i pezzi soprattutto nelle case dei privati, famiglie della zona che ancora conservavano arredi antichi; adesso, li cerco un po’ ovunque: in asta, nei negozi… Le mie maioliche sono quasi tutte di Laterza, dove la produzione era particolarmente raffinata, ma ne possiedo anche di altre zone pugliesi, come Grottaglie, Cutrofiano… Rappresentano, invece, un’eccezione nel mio corpus ceramico, alcuni esemplari provenienti da altri centri fuori regione come Faenza, Cerreto Sannita, Castelli, Ariano Irpino, Napoli, Deruta».
Della sua collezione, Giuseppe Curci esalta il pregio artistico ma non di meno, e con orgoglio, il valore culturale che lo rende “custode della memoria”: «Alcune mie maioliche sono state oggetto di studio da parte del professor Guido Donatone, il più autorevole storico della ceramica meridionale; molte di esse sono state esposte in occasione di importanti mostre perché particolarmente pregiate e rappresentative; addirittura, di alcune si ipotizza che siano gli unici esemplari rimasti».
Il valore artistico e venale della raccolta Curci è dunque molto elevato, e non sorprende affatto che il collezionista conservi il suo “tesoro” al sicuro di un caveau bancario. Ma dopo di lui chi si prenderà cura di queste meraviglie? Gli chiediamo: «Chi raccoglierà il testimone?»
Risponde: «Penso nessuno. Non c’è chi continui la mia raccolta. Venderò le mie maioliche divise per zone di provenienza o le manderò in asta; se possibile, cederò l’insieme ad un museo».
La seconda ipotesi ci piace molto. E da futuri visitatori dell’esposizione, anticipatamente ringraziamo.
Il pezzo più interessante
Questo piatto da pompa dal diametro di 40 centimetri è molto particolare dal punto di vista iconografico ed importante per la sua attribuzione. Al centro di una tesa a festoni e ventagli il decoro riporta uno stemma tripartito che reca l’arma dei Perez Navarrete, marchesi di Laterza, caricata del rastrello dei d’Azzia, precedenti feudatari del centro salentino, affiancata dallo stemma dei Caracciolo.
Realizzato a Laterza nel 1670 circa, l’esemplare è stato attribuito dallo studioso Guido Donatone al migliore decoratore presente nel panorama della ceramica laertina del periodo, il prete Angelo Antonio d’Alessandro (Laterza 1642 – 1717), che usava riprendere i motivi ornamentali dalle incisioni dei maggiori pittori manieristi italiani e stranieri, riproponendoli sulle sue maioliche nella cromia del chiaroscuro turchino.
Il pezzo più raro
Giuseppe Curci considera questo albarello in maiolica policroma il suo pezzo più raro, in virtù della presenza della firma per esteso dell’artista, Francesco Saverio Marinaro, posta sul retro in basso a destra. Sul fronte la maiolica riporta in lettere capitali l’iscrizione “m.f.s.m. ° p.f. 1730 / grot.” così scioglibile: m(aestro) f(rancesco) s(averio) m(arinaro) p(inxit) f(ecit) 1730/grot(taglie). L’oggetto (h 26×12 max) è completamente decorato con paesaggi campestri popolati da piccoli nuclei urbani da cui svettano campanili ed esili torri insieme a vedute marine.
Francesco Saverio Marinaro (Grottaglie 1705 – ivi 1772) fu uno dei maggiori maestri operanti a Grottaglie nel Settecento, secolo in cui il piccolo centro pugliese si arricchì di una fiorente produzione “faenzara”. L’artista usava dipingere sul vasellame paesaggi e fregi di gusto classico e neoclassico, utilizzando in particolar modo un colore blu tendente al violaceo.
Il pezzo più antico
La maiolica più antica della collezione Curci è un albarello policromo alto solo 15 centimetri e largo 10 nella parte più ampia. Fabbricato a Laterza alla fine del XVI secolo, inizi XVII, presenta un profilo femminile dalla capigliatura stilizzata da elementi spiraliformi, accostato a un grande fiore dinanzi e ad uno più piccolo alla spalle. La figurazione è inquadrata da archi disposti verticalmente e fiori molto stilizzati.
Articolo pubblicato su La Gazzetta dell’Antiquariato n. 250 – Novembre 2016