Arti applicate Primo piano 

David Zipirovic. Classicità italiana e talento russo nella Deruta di primo ‘900

di Marina Pescatori

L’Italia ceramica degli anni Venti è alla ricerca del pieno riscatto creativo dopo un periodo di ripetitività ed eclettico storicismo. Se da un lato la ricerca di uno stile moderno si evidenzia nelle idee di Ponti alla Richard-Ginori, di Andloviz alla Laveno, di Mazzotti ad Albisola, dall’altro il revival che guarda al classico punta sul ritorno della migliore tradizione e trova consenso presso numerose imprese artigiane del Paese.
Nel contesto di opinioni diverse ma tutte miranti alla resilienza dell’arte ceramica italiana si colloca l’opera maiolica di David Zipirovic nei pochi anni in cui lavorò a Deruta.

 

David Zipirovic, “Vicit Leo”, piatto in maiolica, 1923-1927, diametro cm 42

 

David Mironovic Zipirovic (Cherson 1885 – Mosca 1946)

Giovane di famiglia ebrea nato in una cittadina ucraina, David Zipirovic si diploma all’Istituto d’Arte di Odessa. Nel primo decennio del ‘900 raggiunge l’Europa per completare gli studi e forse anche per allontanarsi dalla difficile realtà ebraica sotto l’Impero zarista. Nel 1909 è a Parigi dove frequenta il corso triennale di Architettura all’Ecole des Beaux – Arts, e matura al contempo un crescente interesse per la ceramica. Nel 1914 grazie a una borsa di studio arriva Roma dove approfondisce la conoscenza della pittura e dell’architettura italiana. Successivamente, intenzionato a non lasciare l’Italia anche a causa dello scoppio della guerra, trova impiego come architetto presso un’impresa di costruzioni ferroviarie a Castel del Piano Umbro. Chiuso il progetto delle ferrovie, il professor Marino Severi, medico di Perugia appassionato d’arte e suo amico, lo introduce presso la ditta di costruzioni S.A.C.E.L. che fallisce nel 1922. Sarà ancora  Severi ad aiutarlo presentandolo ad Alpinolo Magnini, Direttore artistico della “Società Maioliche Deruta”.

 

Imprinting classico italiano

Dal 1923 al 1927 David Zipirovic presta la sua opera presso la “Maioliche Deruta” creando circa 400 opere in linea con la strategia commerciale della ditta che porta avanti due tipi di prodotti: quelli di gusto contemporaneo vicini alle nuove tendenze, e quelli della tradizione locale in stile antico.
La riproduzione della figurativa rinascimentale, unita a volte alle tipiche decorazioni derutesi, è la specialità del Maestro russo. Tranne pochi soggetti di ispirazione umbra (Santi – soprattutto San Francesco – Belle donne, Eroi…) il resto dei lavori sono pregni del suo grande amore per la classicità italiana. I capolavori dei grandi Maestri oggetto del suo attento studio, tornano visibili su maioliche il cui vigore coloristico è senza precedenti, rafforzato ancor più in bellezza da un’eccezionale capacità di esecuzione artigianale.

 

Pur all’interno di un’azienda mirante al profitto, Zipirovic viene lasciato libero di esprimersi in maniera autonoma e non seriale. Dai documenti d’archivio dell’artista si apprende che era solito seguire tutte le fasi di lavorazione, sia delle opere eseguite da lui stesso sia di quelle realizzate dai collaboratori secondo i suoi bozzetti, disegni che mostrano il grande talento anche in questa disciplina.
All’epoca, naturalmente, David Zipirovic non era l’unico artista-artigiano a dedicarsi al classico – ricordiamo Minghetti, Santarelli, Zama, Molaroni, Mengaroni, per citare alcuni tra i maggiori talenti – ma il suo virtuosismo nel realizzare copie da Michelangelo, Raffaello, Botticelli, lo rendono unico e rinomato nell’ambiente. Il suo nome riecheggia tra le botteghe italiane quale mirabile esempio di capacità interpretativa e tecnica invidiabile, tanto da creare un certo proselitismo della sua maniera di operare che resterà quale imprinting su altri ceramisti a venire.

 

Dopo Deruta, Mosca

Nonostante una certa fama, nel 1927 l’architetto-artigiano decide di tornare in quella che nel frattempo è diventata Unione Sovietica. Convinto dalle opportunità di lavoro offerte in occasione delle grandi opere architettoniche in preparazione, desideroso di potersi esprimere pienamente nel coniugare architettura e ceramica, Zipirovic parte con la famiglia portandosi dietro un centinaio di lavori derutesi e tutta la sapienza di un tecnico che vuole mettersi al servizio del proprio Paese.
A Mosca, Aleksej Filippov, Dirigente di Arti Applicate presso l’Accademia  RAChN creata da Kandinsky nel ’21, lo chiama a insegnare presso L’Istituto dei Silicati che si occupa dei settori industriali della ceramica, e presso il soviet ZamoskovorecKij avvia la sperimentazione di maioliche d’arte utilizzando materie prime locali, creando 50 pannelli dalle figurazioni classiche italiane rielaborate in chiave tematica proletaria. Nel 1933 entra nello staff di Boris Iofan, architetto russo “classicissimo”, vincitore del Concorso Internazionale indetto da Stalin per la costruzione del Palazzo dei Soviet (imponente progetto interrotto dallo scoppio della guerra e mai terminato); nel 1937 è tra tecnici incaricati di realizzare il Padiglione Sovietico all’Esposizione Internazionale di Parigi, mentre già nel 1934 le ceramiche portate dall’Italia trovavano posto nel Museo “Kolomenskoe” di Mosca.

 

L’oblio dopo la Guerra

David Zipirovic muore a Mosca poco dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Nel corso degli anni ’50 l’operato dell’architetto-ceramista viene messo da parte, il suo valore artistico dimenticato per decenni. Come mai? Se lo chiede la studiosa Nicoletta Misler che nel suo saggio* nota come il destino artistico di Zipirovic somigli a quello di altri russi emigrati negli anni ’10/’20 che tornano in patria per partecipare al rinnovamento stilistico/estetico del nuovo Stato. Il desiderio di alcuni di loro, quello di Zipirovic certamente, era quello di contribuire alla creazione di un ponte tra Occidente e Oriente sulla base di una visione classica delle Arti, visione del resto ben vista anche dal nuovo establishment proletario sovietico. La realtà però mise quegli idealisti davanti al disegno statale di un classicismo “impuro” al servizio del potere: “Non la razionalità della sezione aurea, ma la retorica imperiale del mondo antico servivano a Stalin, e il coinvolgimento mistico con il Capo che l’architettura era in grado di creare”.*
Verrebbe dunque da pensare che chiusasi la stagione staliniana, Zipirovic, che in quella monumentalistica strategia mediatica venne coinvolto, sia stato in seguito non a caso “trascurato”.
Sia come sia, gli studiosi* riportano che il nome dell’architetto-artigiano è rimasto escluso per lungo tempo dalle narrazioni sui maggiori ceramisti sovietici del ‘900. Solo negli anni ’90 si è tornato a parlare di lui grazie al lascito del suo archivio al Museo Kolomenskoe di Mosca dove nel 1992 sono confluite anche le opere “sovietiche”. Il merito di ciò va alla figlia Elsa, emigrata in Israele, che nei primi anni ’90 chiarisce e dà informazioni sul percorso artistico del padre (nel ’95 torna anche a Deruta), e all’opera di Svetlana Baranova, Conservatrice della Collezione di ceramiche del Museo statale, che grazie ai suoi studi ha fatto riemergere in Unione Sovietica il valore creativo del Maestro.

*In: “David Zipirovic a Deruta – Maioliche 1923-1927”, a cura di Gian Carlo Boiani, Giulio Busti, Franco Cocchi. Edizioni Centro Di, 2000

 

David Zipirovic, “Pauper et umilis”, piatto in maiolica, 1923-1927, diametro cm 34,4

 


 

Il collezionista

Provengono dall’ampia raccolta di Giuseppe Alise, le maioliche che presentiamo in questo servizio sull’opera di David Zipirovic.
Da sempre appassionato di arte ceramica del ‘900, il noto collezionista di Bastia Umbra è conoscitore della materia, studioso apprezzato e punto di riferimento per i moltissimi amanti delle arti plastiche che lo seguono anche sui social.
Lo vediamo nella foto mostrare una delle opere di cui va particolarmente fiero, una brocca firmata David Zipirovic alta 46 centimetri, tipologia di manufatto inusuale per l’artista il cui numero di vasi noti è alquanto esiguo. Al momento se ne conoscono in tutto quattro, tre dei quali conservati presso il Museo Regionale delle Ceramiche di Deruta.
In particolare, la grande brocca in collezione Alise effigia nel tondo la testa della Sibilla Delfica ripresa dagli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina.
(Un ampio servizio sulla raccolta di ceramiche Alise è stato pubblicato nel n.169, anno 2010 de La Gazzetta dell’Antiquariato)


In copertina: David Zipirovic, “Sola virtus invicta” e “Sapienz mulier aedificat domum”, piatti in maiolica, 1923-1927, diam. cm 45,5

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