Frozen Charlotte. Da bambola a memento mori
Nel variegato mondo dell’antiquariato, un posto particolare spetta ad un popolarissimo modello di giocattolo prodotto dal 1850 al 1920 circa, noto come Frozen Charlotte, in italiano Charlotte morta congelata.
Nato intorno al 1840 in Germania come Badekinder, questo giocattolo era, come suggerisce il nome, un ninnolo destinato ad intrattenere i bimbi durante il bagnetto. Di fattura semplice per l’uso cui era destinato, si presenta come una figura femminile nuda in piedi, con gli arti strettamente aderenti al corpo, realizzata in porcellana bianca non smaltata, oppure smaltata solo sul lato destinato a galleggiare. Spesso è abbastanza piccola da essere contenuta in una scatola adatta alla mano di un bambino, sebbene la sua dimensione possa variare da un minimo di due centimetri circa ad un massimo di 45.
Il successo di questo giocattolino in età vittoriana fu assicurato soprattutto dal basso costo, che consentiva a quasi tutti i genitori di poterlo acquistare, lasciando la prole libera di rivestire il modello secondo la creatività personale.
Verso il 1870 questi insoliti ed economici balocchi approdarono negli Stati Uniti, raggiungendo una enorme popolarità.
Nelle dimensioni più contenute le bambole erano anche note come penny dolls, perché vendute al costo di un centesimo.
Il paese di produzione per i modelli dalla delicata fattura in porcellana o bisquit, nei colori bianco, rosa (e raramente nero, per i bimbi di colore) restava la Germania, mentre il Giappone cominciò ad esportare i propri modelli, più decorati e competitivi, solo intorno alla fine del XIX secolo.
Il perché del suo curioso nome
Oltreoceano questa tipologia di bambolina venne subito battezzata Frozen Charlotte, espressione con cui la ricordiamo ancora oggi. E la ragione è davvero curiosa.
Tutto iniziò nel 1843, quando il giornalista del Maine, Seba Smith, scrisse un poema satirico per il The Rover, intitolato “A Corpse Going to a Ball” (“Un cadavere che si reca al ballo”). Pubblicata il 28 dicembre del 1843, la narrazione aveva attinto spunto da un fatto di cronaca riportato dal New York Observer dell’8 febbraio del 1840, in cui si riferiva che, in un contesto di freddo pungente che attanagliava il paese, una giovane donna era morta assiderata mentre si recava al ballo di Capodanno.
L’autore immaginò che una giovinetta di nome Charlotte, ignorando le sagge raccomandazioni materne, per vanità si fosse rifiutata di coprire adeguatamente il suo bel vestito con un mantello mentre si dirigeva, insieme al fidanzato Charlie, al ballo di Capodanno su di una slitta aperta. Durante il breve tragitto di 15 miglia, Charlotte era morta ed il suo cadavere congelato era stato scoperto dal disperato Charlie solo una volta giunti a destinazione.
Ben presto quello che era nato come un semplice poema satirico fu musicato, trasformandosi in una ballata grottesca dal titolo Frozen Charlotte o Fair Charlotte, ed il suo motivo orecchiabile raggiunse ogni angolo degli States grazie ai cantanti folk.
Nella popolare ballata, che ancora oggi è ricordata dagli studiosi come uno dei fenomeni di costume più sorprendenti di quegli anni, si indugiava su dettagli macabri quali l’immobilità della giovane priva di vita, ed è quindi facile comprendere come le bamboline venissero rapidamente associate, nell’immaginario collettivo, alla fatua ed intirizzita protagonista della canzone per la rigida postura e per il pallore innaturale del visino inespressivo.
Giocattolo/monito dal valore educativo
Le Frozen Charlotte ed i Frozen Charlie (i bambolotti con il nome del giovane che nel poema scortò Charlotte nel suo ultimo viaggio) erano anche giocattoli dal valore educativo, fattore che aiuta a spiegarne la fortuna. La storia della ragazza che aveva incontrato la morte a causa della propria sventatezza rappresentava, infatti, un chiaro monito ai bambini ad ascoltare i propri genitori per non fare la stessa fine della sciocca Charlotte.
Non a caso la custodia dei ninnoli poteva persino essere una bara di metallo corredata da un qualche messaggio di esortazione all’obbedienza o di ammonimento a non parlare a sproposito.
In Inghilterra tali giocattolini in porcellana, nella loro versione meno lugubre e priva di bara, divennero così alla moda che era tradizione indossarli come ciondoli, oppure decorare con essi le case di bambole; era anche usanza cuocerli in una torta o in un pudding in occasione delle feste ed ogni volta che il dolce veniva servito, si rinnovava il rito dei piccoli che strillavano ansiosi di trovare la minuscola bambola nel proprio piatto.
Il periodo di massima diffusione delle Frozen Charlotte, iniziato all’epoca della regina Vittoria, si protrasse sino alla fine della Prima Guerra mondiale, quando la loro produzione iniziò a declinare e la loro popolarità, sia come giocattolo sia come riflesso della ballata, cominciò ad affievolirsi.
Oggi queste fragili bamboline bianche, originariamente nate come ninnoli da bagno, oggetti popolari nel mondo anglosassone anche come giocattoli a scopo didattico, sono pezzi ricercatissimi dai collezionisti, i cui prezzi possono variare dalle poche decine alle centinaia di euro, per gli esemplari in perfetto stato di conservazione.
Le Frozen Charlotte restano, tuttavia, soprattutto la testimonianza di uno spaccato di storia dell’Ottocento, di un tempo non lontano in cui la morte era così indissolubilmente legata alla quotidianità, da diventare familiare ai bambini sin dalla più tenera età persino attraverso il gioco, persino attraverso degli innocenti balocchi.
In copertina: Frozen Charlottes, XIX secolo (Fonte: Etsy.com)